Attenzione a questo libro…

Davide Enia “Appunti per un naufragio”

Giovedì 20 settembre di quest’anno ho incontrato per la prima volta Davide Enia al Nobile Collegio dei Farmacisti, dove ha presentato il suo ultimo libro “Appunti per un naufragio” ai soci del Rotary Club Roma Sud. Il Presidente del Club, Gianni Vivona, me ne aveva parlato e lo considerava la prima nostra azione del programma “Sinergie per la Pace” di cui ci stiamo occupando. Del profondo significato di quest’azione vi parlerò più avanti, anche io dovevo ancora scoprirlo ….

Quella sera rimasi colpita dal modo immediato ed accorato di Davide Enia nel parlarci della sua esperienza: non era la presentazione di un libro ma piuttosto l’espressione di uno stralcio di racconto autobiografico di un suo vissuto importante. Giustamente, di fronte ad una tale espressione di pensieri ed emozioni personali, alla fine Gianni Vivona ci ha detto “Non credo che ci possa essere altro da aggiungere, lascio a ciascuno di voi poter fare le proprie considerazioni”.

La mia necessità di approfondire, mi ha spinto pochi giorni dopo ad andare ad assistere alla rappresentazione teatrale del suo libro al Teatro India qui a Roma: scena essenziale, lui sul palco insieme ad un compagno che suonava a tratti uno strumento… lui con le parole, con sé stesso e con il corpo, mentre l’altro sottolineava alcuni passaggi con la musica. Ho partecipato ancora più intensamente al racconto di quanto da lui vissuto con tutto se stesso a Lampedusa! Ho pensato che l’aver partecipato ad una tale esperienza ed aver condiviso tanta drammaticità e dolore, lo portava alla necessità di metabolizzarlo esprimendolo e condividendolo così con gli altri.

Infatti, condividere il dolore ci alleggerisce da tanto peso e ci aiuta anche a capire di più. A questo punto era per me inevitabile darmi il tempo di leggere attentamente il suo libro e tutto questo mi ha permesso di dare una risposta affermativa quando mi è stato richiesto di scrivere un articolo sull’esperienza di questo incontro.

Di fatto non si tratta di un racconto ma di molto di più: si, ci sono descrizioni e racconti nel libro, i livelli che s’intrecciano sono molteplici e adesso provo a condividerli con voi così come li ho vissuti. C’è il presente del ritmo interiore della narrazione che ci riporta i racconti condivisi con lui da altri: amici, testimoni di eventi avvenuti, attori dei salvataggi, esseri umani arrivati via mare da ogni dove, alcuni vivi, altri no, altri ancora rimasti nel mare. Ma non solo i fatti, bensì le emozioni vissute in tali frangenti.

C’è l’esperienza personale, vissuta con il corpo, con la mente, con le emozioni e con lo spirito.

C’è il tempo presente ed il proprio passato che torna e si ri-attualizza e si arricchisce di intuizioni e comprensioni nello svolgimento del presente…..direi che lui riesce ad esprimere il vero ritmo della nostra vita psichica e dello sviluppo della nostra anima a contatto con la realtà vissuta.

Ho capito profondamente il suo piangere da solo nella sua casa per giorni al suo ritorno, sommerso da tanto dolore per quanto aveva visto e partecipato.
Il naufragio di cui ci parla nel libro non è solo quello delle speranze dei migranti, che affrontano il viaggio lungo, pericoloso, violento e per molti di loro fatale, bensì anche quello di ciascuno di noi nella nostra vita, i nostri naufragi ed i nostri approdi quando ci sono.

Non è un caso che il libro Davide Enia lo dedichi alla sua amatissima compagna di vita Silvia che definisce “il suo approdo”. E’ lei che riesce con discrezione e sensibilità a contattare le parti emotive più segrete del suo compagno ed a renderle disponibili a lui stesso; un uomo sensibilissimo ed attento, spietatamente onesto, che ha trovato nella scrittura e nell’elaborazione sottile che essa richiede uno strumento importante per superare le proprie chiusure.

C’è il racconto di relazioni fondamentali della sua vita: suo padre con il quale la condivisione di questa esperienza fornisce lo scenario che aiuta ad approfondire e capire il rapporto, e lo zio Beppe, fratello del padre, molto amato fin dall’infanzia ed a lui vicino e di cui deve affrontare la malattia e la morte, il suo amico carissimo Totò, anche lui portato via da un cancro in modo veloce e del tutto inaspettato; ci dice: “Alla fine, tutto si riduceva a queste due semplici verità: non avrei mai più rivisto Totò e il tempo trascorso assieme era stato una benedizione.”

Le emozioni accumulate possono costituire un vero grumo indigeribile ed è necessario metabolizzarle in qualche modo, nel libro si avverte la faticosa crescita della consapevolezza che esita in tutta la sensibilità umana di cui possiamo avere esperienza, se non ci nascondiamo a noi stessi e se abbiamo coraggio di vedere la realtà; lui ci dice “l’inevitabilità del lutto è l’unica certezza dell’esistenza” e ancora “c’è più ricchezza in un singolo essere umano che in tutti i libri del mondo”.

C’è anche il contatto e la passione con la forza della natura: la Sicilia, il mare, la luce, il vento…molta fisicità. Vitale.
Le riflessioni di Davide Enia mi hanno ricordato la sensibilità di Giacomo Leopardi che nel suo canto “L’Infinito”, anche lui, nei suoi pensieri solitari sul suo ermo colle conclude le considerazioni sulla vita con la constatazione di un naufragio,

…”e il naufragar mi è dolce in questo mare”….

grazie agli elementi di dolcezza della natura ed alla speranza nel poter vivere il presente.

Anche Davide Enia si serve di una similitudine con la natura per esprimere i suoi sentimenti:

“Era l’inverno dei miei nervi.
i rami stavano soccombendo contro il vento dell’angoscia, strappate via le parole di foglia.
Si accartocciavano, si frantumavano, si sperdevano via.
lo scheletro del mio albero non aveva più la loro voce.
L’unica speranza erano le radici.
Che fossero più profonde di quanto io stesso credessi.
Che si dimostrassero più salde di quanto io le reputassi.
Altro non potevo fare.
Sottoterra stava la mia ancora di salvezza”.

Mi è venuto alla mente, in associazione, questo quadro realizzato da un pittore belga, André Goezu, che sembra proprio esprimere in immagine quanto espresso da Davide Enia: la speranza, ovvero l’albero che sembra morto oramai ma che comincia a rimettere i fiori!

Davide Enia Appunti per un naufrago

Il soggetto osserva e l’ uccello che vola sull’albero è la vita che torna e la pace. Così mi ha detto l’artista!

Ebbene ecco che torniamo all’inizio di questo articolo, quando vi dicevo che si trattava del primo evento del programma rotariano “Sinergie per la Pace”:
la pace nasce nell’animo di ciascuno di noi ed è solo con la comprensione, con la solidarietà umana per lo stesso destino che ci unisce, che si potrà preservare un ambiente senza violenze e che ci permetta benessere.

Tutto il racconto di Davide Enia parla di questo e credo che non ci sia niente di più efficace per concludere che mostrarvi alcuni passi della sua narrazione che mi sono sembrati particolarmente significativi:

  • nel racconto di una sua amica a Lampedusa di fronte al primo numeroso sbarco di migranti vissuto “Credo che il fatto più traumatico sia stato l’avere avuto paura. Il sentimento della paura provata me lo porto dentro con grande senso di colpa…dire “Chiudiamoci dentro”. …mi è passato davanti tutto ciò che fino a quel momento avevo sempre detto e che, invece, nel momento clou, non stavo compiendo” “Predicavo bene ma nel momento giusto stavo razzolando malissimo”
  • e riguardo alla passione del padre medico per la fotografia una volta in pensione: “Le sue foto diventano parole che non si sono dette, è il modo con cui parla ad alta voce con se stesso ammettendo la propria impotenza, indagando la ragione delle cose..”

Il padre gli confessa: “Fotografare per me è come continuare a parlare con mio padre” e Davide “Compresi in quell’istante che lui e mio nonno si erano amati molto più di quanto io avessi intuito, più di quando il loro silenzio avesse lasciato trasparire. Con l’età uno si ritrova a dirsi “Di quante cose avrei potuto discutere con mio padre”. Se non mi ero accorto della sua presenza, era stato perché avevo dato più importanza nella nostra relazione a ciò che mancava, le parole, piuttosto che soppesare ciò che c’era sempre stato, lo sguardo.

  • Nascerà una epica di Lampedusa. Manca ancora un tassello nel mosaico di questo presente, la storia di chi migra, ma la storia della migrazione saranno loro stessi a raccontarla, coloro che sono partiti e, pagando un prezzo inimmaginabile, sono approdati in questi lidi. E saranno loro a spiegarci che cosa è diventata l’Europa e a mostrarci come uno specchio, chi siamo diventati noi.
  • Per quanto siano imperscrutabili e misteriosi i disegni celesti, è pur sempre il libero arbitrio l’ago della bilancia che indirizza il corso delle cose.

A ciascuno di voi scrivere le proprie parole!