Le primavere arabe: un nulla o un nuovo inizio?

Ho avuto l’opportunità di partecipare a Tunisi, ad un convegno su questo tema. L’evento è stato organizzato dalla rivista “Passage” e dalla sua associazione (fondati da Emile Malet) con il Comité FREUD, l’Istituto Culturale Francese di Tunisi, l’Istituto di ricerca sul Maghreb Contemporaneo, con il sostegno dell’Ambasciata di Francia a Tunisi e l’Istituto di ricerca per lo sviluppo, un incontro che ha rivisitato le primavere arabe nel loro territorio d’elezione: la Tunisia.

Ci si ponevano alcuni interrogativi:

  • le primavere arabe fra il 2010 ed il 2011 hanno cambiato in modo duraturo le nostre società?
  • le speranze che hanno suscitato sono entrate a far parte in modo significativo delle mentalità?
  • le varie crisi che si sono prodotte condannano la formidabile vitalità delle contestazioni arabe ad un inesorabile oblio?

Si è trattato di un incontro fra psicoanalisti, scrittori, ricercatori in scienze sociali, rappresentanti delle maggiori istituzioni, per confrontarsi sulla gravità politica e sulla speranza umana, sul sollevamento delle forze vive della società tunisina e la voce della sofferenza delle giovani generazioni per trovare il loro posto in un mondo segnato dalle crisi: il riscaldamento climatico, le migrazioni, la riduzione dell’economia ad interessi finanziari e le conseguenti ineguaglianze, i conflitti religiosi, il terrorismo jihadista, le difficoltà sociali dovute alla mondializzazione.

Questi sono gli argomenti che sono stati dibattuti nel confronto franco-tunisino e di altri paesi (Libia, Egitto, Italia, Algeria) provenienti da orizzonti culturali e disciplinari molto diversi, con sentimenti, coinvolgimenti e volontà di agire nel mondo verso la libertà, la solidarietà e la prosperità.

I TEMI AFFFRONTATI
  1. L’educazione ed il desiderio di sapere: quali contenuti trasmettere oggi?
  2. Linguaggi ed interrogativi della realtà psichica e di quella sociale.
  3. Testi e soggetti della religione.
  4. Identità e sessualità femminile.
  5. Malessere nella cultura: come curare la sofferenza collettiva?
CONSIDERAZIONI SUI TEMI AFFRONTATI

L’educazione ed il desiderio di sapere, quali contenuti trasmettere?

“Il liceo deve portare la voglia di vivere” (Freud 1910 in Pedagogia)

Quando affrontiamo il tema dell’educazione e del sapere ci stiamo in realtà riferendo alla necessità di essere “consapevoli” e la consapevolezza comporta la conoscenza e l’interpretazione della storia, degli eventi che ci hanno portato all’attualità. Questo è vero sia per gli individui, che per ogni gruppo umano e per le società. Anche per la realtà della Tunisia è inevitabile quindi riferirci alla storia ed ai suoi ultimi eventi.

La Tunisia è diventata indipendente dal 1956 alla fine del protettorato francese che durava dal 1881, il primo presidente della Repubblica tunisina è stato Habib Bourguiba, sostituito nel 1987 da Ben Ali. La contestazione inizia nel dicembre 2010 accesa dal suicidio per disperazione di un giovane disoccupato che si dà alle fiamme, Mohamed Bouazizi, e la crisi sociale si estende velocemente a tutte le città tunisine.

Dal 14 gennaio 2011, data della caduta di Ben Ali dal potere, c’è la necessità di ridefinire le scienze umane, i decisionisti non capiscono l’uomo post politico e c’è una moltiplicazione delle individualità. C’è da chiedersi: che cosa accade ad una società, quali traumi deve passare, per arrivare ad accettare una dittatura? Si tratta di un tale stato di negazione di sé e di accettazione passiva di una totale delega ad altri, sia che si tratti di una persona singola che di un gruppo di potere. E’ il sapere il vero ascensore sociale?

Certamente la rete sociale è fondamentale e la partecipazione consente di darsi delle ragioni di vita, l’essere umano ha una dimensione specificamente “umana” proprio per la società civile e per le sue istituzioni. Bisogna quindi interrogarsi sulla la propria visione, sul proprio modo di vedere le cose, perché la
coscienza può solo venire dal proprio interno. Gli intellettuali, il mondo accademico e della ricerca sociale, hanno sacralizzato il momento rivoluzionario, certo non bisogna sminuire il risultato con pessimismo, ma va adesso interpretato lo stato post rivoluzionario ed è necessario non sminuire con pessimismo il risultato.

Per interpretare il risultato post rivoluzione: ci vuole una prudenza teorica, il ricorso alla storia, una ricomposizione della traiettoria, il riferimento alle norme ed un paragone internazionale nello spazio e nel tempo. Si deve ripensare il passato in base alla propria esperienza di vita, alla libertà e responsabilità ,
perché senza queste c’è solo anarchia. E’ deleterio quando non ci sono istituzioni capaci di riconoscere un torto, di giudicare e provvedere per una giustizia. Quando si sono sperimentati nuovi stati di vita più evoluti è intollerabile poter tornare indietro: per esempio, le donne pakistane che sono state in Iran non possono più accettare, dopo aver avuto l’esperienza della parola, di tornare in Pakistan.

Non dimentichiamoci che in psicoanalisi la possibilità di accedere alla parola, di dare parole alle emozioni, di trovare le parole per dirlo, trasforma il pianto in altre rappresentazioni, pensate e comunicate.

Realtà sociale e realtà psichica, linguaggi ed identità differenti.
La religione, i testi ed il soggetto.

La realtà psichica è quella dell’individuo, fa riferimento alla sua storia personale, ma questa si va ad iscrivere in una situazione sociale condivisa con altri e determinata da eventi esterni indipendenti dal singolo soggetto. La realtà sociale incide molto sui soggetti che ne fanno parte. Come diventare allora soggetti della propria storia?

Nella cultura e linguaggio arabo esiste un termine DIN che vuole dire DEBITO: si riferisce al fatto che con la vita noi riceviamo “un credito” che ciascuno di noi poi deve necessariamente restituire alla fine della propria vita. Quando io soggetto vado verso un altro lui mi vede e vede cose che io non vedo e di cui posso non essere consapevole e quanto lui vede va a definire la mia identità. L’ISLAM va molto sul potere del testo, elimina il potere dello spazio e del tempo, è molteplice nelle
sue interpretazioni del testo sacro che vengono attuate dal soggetto e nessuno ha la GIUSTA interpretazione. Secondo gli sciiti è l’IMAM che deve dare la giusta interpretazione. Quindi un testo è soggetto ad una lettura progressiva. La comunità mussulmana è fragile per ingiustizie storiche e per la povertà.

La religione ha un legame profondo con la spiritualità e ognuno fa le sue interpretazioni da sé. Il sociale ci trasforma a nostra insaputa. Il mondo ci interessa indipendentemente dai nostri bisogni. Quando pensiamo alla bellezza generalmente la si associa alla bontà, al bene, alla fragilità, qualche cosa di effimero. La violenza che si è sperimentata è il rifiuto di poter pensare e della parola. C’è la necessità di avere di una chiara coscienza della propria identità interiore. E’ importante l’unità e l’unicità dei valori.

Lacan diceva che bisogna servirsi del padre per poterlo superare e così bisogna fare con Dio per poter superare la differenza fra credenti e no.
La cultura oggi è fondamentale accanto alla politica proprio per poter capire.

Il Femminlle: identità e sessualità

Quando affrontiamo il tema dell’identità femminile dobbiamo in realtà parlare anche dell’identità maschile e di quella della relazione fra uomo e donna, nella coppia e nella società; a quali modelli facciamo riferimento? Come si presentano i rapporti fra le donne, fra gli uomini, fra uomo e donna nel matrimonio e fuori del matrimonio, sul lavoro, fra fratello e sorella, nell’amicizia. Dobbiamo inevitabilmente parlare d’ identità sociale, di che cosa viene permesso alle persone, agli individui nel loro sviluppo personale. Parliamo di distribuzione del potere e dei contenuti sui quali si fonda lo stesso.

E’ molto importante per la società tunisina (solo per lei o riguarda anche noi ?) stabilire quale posto dare alle donne, il problema ha cominciato a porsi in modo evidente nel 2010. Si tratta di un problema politico-sociale in quanto tocca aspetti sia economici, che politici e culturali. Prima le donne si sposavano intorno ai 14 anni e mezzo, il compagno poteva sempre rifiutare la donna, c’era una totale assenza di sostegno sociale. Adesso le donne provano a comportarsi in modo più libero, hanno rapporti al di fuori del matrimonio intorno ai 17 anni, però poi ricorrono alla chirurgia per farsi ricostruire l’imene perché la pressione sociale è talmente forte che sarebbe difficile potersi costruire una vita. Ricorrono all’interruzione di gravidanza, ma a volte sfidano la società tenendosi il bambino, una società che ha ancora l’art. 230 che punisce con il carcere la sodomia e dove i medici fanno delle analisi sulle donne per vedere se hanno avuto dei rapporti.

Attualmente l’età media del matrimonio è verso i 30 anni. C’è tutto un lavoro di rimandi fra l’individuo e la società, la dimensione della contingenza è discriminante, anche per il riconoscimento dell’individualità; per es: che significato assume l’omosessualità negli adolescenti? La scelta acquista a volte un forte versante rivoluzionario. Il “desiderio” ha una centralità nello sviluppo dell’individualità: mi sono mai chiesto che cosa desidero? Sono libero di desiderare?

A livello individuale non si può lottare contro il collettivo. Prendiamo l’esempio di quanto avvenuto in Egitto: c’è stata una rivoluzione emotiva, culturale, di giovani senza mezzi per riempire un vuoto di governo. I fratelli mussulmani sono andati al potere e poi hanno subito marginalizzato i cristiani e gli sciiti e così nel giro di sei mesi sono stati respinti: Morsi è stato rifiutato da ben 20 milioni di persone. Al SISI ha recuperato il popolo e poi ha rimesso lo stato poliziesco di prima del 2011.

Il malessere nella cultura: come curare la sofferenza collettiva?

La mondanità e la globalizzazione producono sofferenza. L’Algeria nel 1990 è stata tormentata da una violenza estrema, una violenza silenziosa, non compresa da nessuno, che ha portato a 200.000 vittime e 20.000 scomparsi. E’ seguita una ingiunzione all’oblio!

Oggi ci sono 2 milioni di casi clinici dovuti a quel periodo. E’ importante il riconoscimento della violenza. In Tunisia, nel 1991 in seguito ad un supposto complotto militare contro lo stato sono stati arrestati 244 militari in due mesi, sottoposti a torture atroci ed alla fine hanno capito che il complotto non c’era. Quando è stato ucciso Saddam Hussein, le persone sono rimaste letteralmente fulminate, una sorta di ritorno alla condizione anti-Abramo, persone umiliate, una mancanza di senso diffusa, creazione di sette, di nuove credenze. Slavoj Zizek ha scritto sull’Irak e su quanto hanno fatto gli americani con l’appoggio dell’Europa nonostante il primo scetticismo e contrarietà: si è trattato di una manipolazione interna? i presupposti del conflitto si sono rivelati tutti infondati. Era in realtà un’azione contro il fondamentalismo islamico?

in realtà lo ha provocato, ha portato allo sviluppo di movimenti radicali come l’ISIS. E’ solo il fatto di confrontarsi al regime che espone alla violenza, il collettivo è frammentato, le parti che soffrono sono separate e questo è uno dei sistemi di dominio. E’ un sistema di repressione a tutti i livelli del corpo sociale. Anche l’esperienza della tortura viene integrata nel vissuto sociale e la protesta sociale viene espressa dal corpo con traumatismi identitari come le esclusioni, ognuno è schiacciato dalla paura della vendetta.

Il Papa sta cercando di liberare le persone dalla loro prigione mentale, senza vere paura di unire cristiani e mussulmani. Le primavere arabe sono un momento terapeutico, vivono un’esperienza freudiana ed il malessere che vivono lo portano nella mondializzazione: la sofferenza non è nascosta ma espressa e mostrata al mondo. Il grido della gioventù non vuole più riabbassare la testa. Freud si era non a caso occupato di educazione, identità e nazionalismo. Le primavere arabe richiamano la primavera umana nelle nazioni europee. Oggi tutti hanno il diritto alla parola e la Tunisia forse è l’unico paese dove si può evitare la frattura,
il malessere nell’identità.

Come diventare adulti? Certo non con una società apatica ed incapace di reagire. C’è la necessità di avanzare nella propria soggettività e l’istituzione scolastica può avere un ruolo sociale importante nel riparare le ferite dell’infanzia.